Ordinanza n. 433 del 1992

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ORDINANZA N. 433

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

-          Dott. Francesco GRECO

-          Prof. Gabriele PESCATORE

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-          Prof. Antonio BALDASSARRE

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-          Avv. Mauro FERRI

-          Prof. Luigi MENGONI

-          Dott. Renato GRANATA

-          Prof. Giuliano VASSALLI

-          Prof. Francesco GUIZZI

-          Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art.6, settimo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e pro roga di taluni termini), convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 1983, n. 638, e dell'art. 4, primo comma, del decreto-legge 21 gennaio 1992, n. 14 (Misure urgenti in campo economico ed interventi in zone terremotate), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa l'11 febbraio 1992 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dall'I.N.P.S. contro Ciaraldi Carmela, iscritta al n. 127 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1992;

2) ordinanza emessa il 19 febbraio 1992 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra l'I.N.P.S. e Selvatici Argia ed altre, iscritta al n. 197 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visti gli atti di costituzione di Ciaraldi Carmela e Folegani Maria ed altre nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 17 giugno 1992 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

RITENUTO che nel corso di un giudizio concernente una decisione confermativa del diritto all'integrazione al minimo su seconda pensione, non più integrabile (c.d. "cristallizzazione"), la Corte di cassazione con ordinanza emessa l'11 febbraio 1992, ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 6, settimo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 1983, n. 638, e dell'art. 4, primo comma, del decreto-legge 21 gennaio 1992, n. 14;

che tale ultima norma "interpreta" la prece dente disposizione nel senso di conservare l'integrazione al minimo su una sola pensione, nel caso di cumulo di due o più trattamenti integrati;

che l'esplicita esclusione di più integrazioni al minimo, sancita dalla norma impugnata, sarebbe esattamente il contrario di quanto affermato dalla Corte di cassazione medesima in numerose decisioni, nonchè da questa Corte (sentenza n. 418 del 1991 e ordinanza n. 21 del 1992);

che, infine, premessa la natura previdenziale (e non assistenziale) della pensione minima, la riduzione del trattamento complessivo (invece della sua conservazione grazie alla cristallizzazione) risulterebbe lesiva del diritto alla previdenza nonchè contraria al principio di ragionevolezza;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, pregiudizialmente osservando come l'impugnata disposizione -- seppure integralmente riprodotta nell'art. 4, primo comma, del decreto- legge 20 marzo 1992, n. 237 -- sia contenuta in un decreto-legge decaduto per mancata conversione e dubitando nel merito che la sentenza n. 418 del 1991 di questa Corte possa consentire di dedurre automaticamente l'illegittimità delle norme denunciate;

che nel giudizio dinanzi a questa Corte si è costituita la parte privata chiedendo la declaratoria d'illegittimità della normativa "interpretata" dalla censurata disposizione;

che nel corso di un giudizio concernente analoghe domande di diritto alla percezione di un trattamento integrato al minimo non ridotto, bensì cristallizzato, il Tribunale di Genova, con ordinanza emessa il 19 febbraio 1992, ha sollevato, in relazione agli artt.38, secondo comma, 77, secondo comma, 101, secondo comma, e 104, primo comma, del la Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, del decreto-legge 21 gennaio 1992, n.14, nella parte in cui preclude la detta cristallizzazione;

che il giudice a quo ricorda come il settimo comma dell'art. 6 del decreto-legge n. 463 del 1983 venne introdotto onde evitare un ridimensionamento del reddito previdenziale in pregiudizio dell'assistito che avesse perduto il diritto all'integrazione al minimo sulla seconda pensione e richiama il conforme orientamento della Corte costituzionale e della Corte di cassazione;

che, inoltre, l'impugnato decreto-legge, riproducendo una norma già espunta dal disegno di legge finanziaria, difetterebbe dei requisiti di necessità ed urgenza, venendo a disciplinare una materia sulla quale il Parlamento aveva espresso una volontà di segno opposto;

che, infine, altri profili d'illegittimità sarebbero poi ravvisabili nell'intento di vanificare il giudicato, disciplinando retroattivamente ed in modo difforme una materia ormai oggetto di consoli data giurisprudenza.

CONSIDERATO che le due questioni, concernenti la medesima norma, possono essere riunite e congiuntamente decise;

che il decreto-legge 21 gennaio 1992, n. 14, contenente l'interpretazione dell'art. 6, settimo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 -- convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 1983, n. 638 -- censurata dai giudici a quibus in quanto antitetica a quella asserita da questa Corte con la sentenza n.418 del 1991, non è stato convertito in legge entro il termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 21 marzo 1992;

che in analoga decadenza sono incorsi anche i successivi decreti-legge nn.237 e 293 del 1992, riproduttivi della norma impugnata;

che, da ultimo, anche il decreto-legge 21 luglio 1992, n.345 -- il cui art. 5, primo comma, riproponeva per la quarta volta il censurato art. 4 del decreto-legge n. 14 del 1992 -- non è stato convertito nel termine (come da Gazzetta Ufficiale n. 185 del 7 agosto 1992) e non è stato più replicato;

che, pertanto, per consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. ordinanza n. 390 del 1992), la questione dev'essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 6, settimo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e pro roga di taluni termini), convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 1983, n. 638, e dell'art. 4, primo comma, del decreto-legge 21 gennaio 1992, n. 14 (Misure urgenti in campo economico ed interventi in zone terremotate), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 38, secondo comma, 77, secondo comma, 101, secondo comma, e 104, primo comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione e dal Tribunale di Genova, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/10/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore

Depositata in cancelleria il 10/11/92.